giovedì 14 luglio 2022

Le quattro parole

Alex e Nina giocano all’ombra degli alberi: amici hanno portato un’altalena, un piccolo scivolo, una casetta di plastica, così il cortile della casa di accoglienza del seminario è diventato un angolo a misura loro.

Cerco di capire il gioco: camminano qua e là, fino a quando uno dei due grida una parola, allora corrono dentro la casetta. “Dicono: -Piove!- e corrono a ripararsi”, mi spiega la mamma di Nina; e poi aggiunge “va bene così, quando sono arrivati dicevano: -Bombardano!”

Sì, perché Alex e Nina (i nomi sono di fantasia) non hanno ancora quattro anni, sono arrivati in Italia, a Genova, alcuni mesi fa, assieme a mamme e fratelli, lasciando l’est dell’Ucraina ed i papà.

E mettendo in gioco tutte le loro risorse di bambini (oltre alla cura delle famiglie, degli operatori, dei volontari) hanno cercato casa lì dove sono arrivati. Anche incominciando ad imparare la lingua.

Ad Alex per ora bastano quattro parole.

La prima è: “Ciao!” per iniziare qualunque rapporto

Poi c’è “Bene!” per informare su come sta. Anche nella forma complessa “Ciao, bene tu?” che riassume il dialogo che ha sentito fare tante volte dalla sorellona di 10 anni, fiera di salutare ogni persona così:
- Ciao!
- Ciao! Come stai?
- Bene! E tu?
- Bene!

La terza è “Buono!” con indice puntato sulla guancia e rotazione del polso. Adatta praticamente per ogni piatto, dal Borsc di mamma alla pizza italiana.

E infine, la più sorprendente, “Prendimi!” per cominciare l’eterno gioco del rincorrersi e farsi acchiappare. Una parola detta spesso a volontari uomini, penso memoria inconsapevole dei giochi che faceva col papà ora lontano.

E allora giochiamo Alex, sperando che tu possa tornare presto a farlo con chi dovrebbe poter giocare con te ogni giorno.
“Prendimi!”