giovedì 14 luglio 2022

Le quattro parole

Alex e Nina giocano all’ombra degli alberi: amici hanno portato un’altalena, un piccolo scivolo, una casetta di plastica, così il cortile della casa di accoglienza del seminario è diventato un angolo a misura loro.

Cerco di capire il gioco: camminano qua e là, fino a quando uno dei due grida una parola, allora corrono dentro la casetta. “Dicono: -Piove!- e corrono a ripararsi”, mi spiega la mamma di Nina; e poi aggiunge “va bene così, quando sono arrivati dicevano: -Bombardano!”

Sì, perché Alex e Nina (i nomi sono di fantasia) non hanno ancora quattro anni, sono arrivati in Italia, a Genova, alcuni mesi fa, assieme a mamme e fratelli, lasciando l’est dell’Ucraina ed i papà.

E mettendo in gioco tutte le loro risorse di bambini (oltre alla cura delle famiglie, degli operatori, dei volontari) hanno cercato casa lì dove sono arrivati. Anche incominciando ad imparare la lingua.

Ad Alex per ora bastano quattro parole.

La prima è: “Ciao!” per iniziare qualunque rapporto

Poi c’è “Bene!” per informare su come sta. Anche nella forma complessa “Ciao, bene tu?” che riassume il dialogo che ha sentito fare tante volte dalla sorellona di 10 anni, fiera di salutare ogni persona così:
- Ciao!
- Ciao! Come stai?
- Bene! E tu?
- Bene!

La terza è “Buono!” con indice puntato sulla guancia e rotazione del polso. Adatta praticamente per ogni piatto, dal Borsc di mamma alla pizza italiana.

E infine, la più sorprendente, “Prendimi!” per cominciare l’eterno gioco del rincorrersi e farsi acchiappare. Una parola detta spesso a volontari uomini, penso memoria inconsapevole dei giochi che faceva col papà ora lontano.

E allora giochiamo Alex, sperando che tu possa tornare presto a farlo con chi dovrebbe poter giocare con te ogni giorno.
“Prendimi!”

giovedì 4 novembre 2021

Famiglie afghane in seminario

“Tè?” l’esperienza dell’ospitalità afghana è qualcosa che non si dimentica: passare per un saluto, e trovarsi accolti a tavola: tè caldo servito in bicchieri di vetro, qualcosa da mangiare assieme, con l’invito a condividere il prossimo pasto. E un dialogo che si approfondisce, all’inizio fatto di sguardi, sorrisi e frasi scritte col traduttore automatico del cellulare, ora ricco di parole inglesi, italiane, dari e pasthu: la prima che abbiamo imparato è manana, grazie.

Nella struttura di accoglienza del Seminario, in queste ultime settimane hanno vissuto alcune famiglie arrivate dall’Afghanistan. La Caritas diocesana, la Fondazione Auxilium e la Cooperativa sociale il Melograno hanno seguito con cura ogni aspetto: dall’accoglienza alle vaccinazioni, dall’abbigliamento alla scuola di italiano.

Se c’è chi ha provveduto a tutto il necessario, con la comunità del seminario abbiamo avuto il dono di poter vivere da vicini di casa, in un rapporto che è diventato uno scambio di doni: poter accompagnare a vedere qualcosa della nostra città, del nostro mare; condividere focaccia, gelato, cioccolata.

E scoprire una cultura ricca, in cui tradizione e modernità sono legano in modo unico: stoffe ricamate di Kabul e scarpe da ginnastica; calcio e internet, ascoltando Afghan pop music, in cui strumenti tradizionali si affiancano a quelli della musica occidentale. E poi, andando in profondità, il dolore per i lunghi anni di guerra, le famiglie lontane, la testimonianza di una fede profonda.

Scopriamo un Islam che prega – singolare alcune sere, sentire il canto in arabo che sale dalla casa di accoglienza, e si intreccia con i salmi del vespro in cappella – ci troviamo a dialogare sui tesori grandi della fede di ciascuno: l’amore provvidente di Dio, la Parola che dà vita; il valore di una cultura del dare, attenta agli anziani e ai poveri, costruttrice di una umanità nuova; la necessità della libertà, unico spazio in cui può fiorire una religiosità autentica.

In un dialogo così, sperimentiamo tuttala verità e la bellezza della dichiarazione sulla fratellanza di Abu Dhabi, firmata da papa Francesco nel 2019: davvero è possibile vivere “In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.”

A breve l’accoglienza vivrà una nuova tappa, con la sistemazione in appartamenti, l’inserimento dei ragazzi nelle scuole: nuove sfide per queste famiglie e insieme la speranza che il patrimonio di umanità che portano possa diventare un dono per tanti.


Pubblicato su: Il Cittadino. Settimanale cattolico di Genova,
anno 45, n. 38 del 31.10.2021, p. 5

domenica 31 ottobre 2021

Rembrandt e Pinocchio nel ventre del pesce

A Lucca Comics, Gabriele Dell'Otto, insieme alle copertine dei supereroi ed all'ultima fatica sul Paradiso di Dante, porta anche una serie di litografie dedicate a Pinocchio (il portfolio è visibile qui). 

Fra le immagini a sanguigna su carta ruvida, così efficaci nel raccontare il dinamismo di Pinocchio, colpisce il suo incontro con Geppetto nel ventre del pesce: “Oh! babbino mio! finalmente vi ho ritrovato! Ora poi non vi lascio più, mai più, mai più!”

Colpisce perché Gabriele cita espressamente il Ritorno del figliol prodigo di Rembrandt (1668)

Sono le stesse mani: quelle del Padre misericordioso della parabola e quelle di babbo Geppetto: l'uno e l'altro donano il perdono al figlio: “E voi mi avete di già perdonato, non è vero? Oh! babbino mio, come siete buono!…” 

E insieme c'è una novità: perché l'abbraccio di Pinocchio solleva Geppetto, ad anticipare quello che accadrà poco dopo: “Voi mi monterete a cavalluccio sulle spalle e io, che sono un buon nuotatore, vi porterò sano e salvo fino alla spiaggia.” 

Così l'uno per l'altro possono essere misericordia, salvezza inaspettata: un padre che ritrova il figlio che ha cercato tanto, un figlio che impara a diventare tale, e per questo incomincia a prendersi cura di chi ha custodito la sua vita (Geppetto in fondo porta il nome di Giuseppe, il padre putativo per eccellenza). 

Se Rembrandt raffigura un perdono che viene essenzialmente dall'Alto, Dell'Otto racconta anche un perdono tra uomini, che chiama alla reciprocità, che apre alla possibilità anche per un burattino di diventare un bambino -un uomo- vero. 

Nota: le illustrazioni di Dell'Otto impreziosiscono anche la recente edizione de Le Avventure di Pinocchio commentate da Franco Nembrini

domenica 12 aprile 2020

I morti non mordono

Prof.tentazioni@

Codamozza,

eccoti un lavoro semplice semplice.

Il vecchio è morto, ormai l’abbiamo perduto per sempre. Ma sulla nipote possiamo lavorare.

Te la affido: parti dal suo dolore, allontanala dal Nemico


Codamozza@ 

Prof., 

mi sono messo subito al lavoro: è la prima volta che incontra la morte di qualcuno vicino a lei, il dolore è grande, non sa cosa pensare. Ho incominciato a mettere in dubbio il D10 buono che le hanno insegnato da piccola: «Vedi che non ti ha ascoltato, quando chiedevi la salute per il nonno? Non è così onnipotente come dicono». 

Ora le sto suggerendo di non andare al funerale: «Non serve a niente, poi ti impressioni». 


Luca@

Prof.,

Anna era quasi decisa a non andare, si chiedeva solo come riuscire a dirlo, ma quando la nonna le ha chiesto: «Verresti anche tu in chiesa a salutare il nonno?» non se l’è sentita di dire no, solo ha messo una condizione: «al cimitero non ci vengo, mi fa troppa impressione se li vedo quando lo mettono sotto terra».

Ne è uscita stanca, stordita dai tanti abbracci e condoglianze -alla fine non le ascoltava più- però sentiva che quel calore le faceva bene. 


Prof.beatitudini@

Grazie Luca!

C’era un rapporto speciale fra Anna e il nonno, me ne ha parlato tanto in questi giorni: quanti pomeriggi con lei, da quando era bambina, a prenderla all’uscita di scuola, accompagnarla a fare sport, tenerla con sé al circolo dei pescatori, mentre lavorava a sistemare la barca, sino a quando sua moglie li richiamava: «C’è aria, portala a casa, che deve anche ripetere la lezione!» 


Luca@

Anna a volte pensa: “È in Cielo, e mi guarda”, altre volte: “Non c’è più. Non c’è niente” Soprattutto le manca potergli parlare: quante volte aveva ascoltato i suoi discorsi, soprattutto, negli ultimi tempi, il racconto delle discussioni con mamma. Ascoltava, ascoltava, e poi concludeva con poche parole: «Come vi assomigliate tu e la mamma! Mi sembri lei alla tua età».

«Non è vero, nonno!» Ribatteva, pensando – senza ammetterlo – che forse aveva ragione. 



Prof.tentazioni@

Mi scrivi che la vecchia ha lasciato dei ricordi alla nipote: una foto, qualche libro.

Hai mai letto L’isola del tesoro? Mi piace come descrive i pirati: omicidi e sanguinari, come piace a noi. Leggi qui:

- Tagliarli a pezzi come carne di maiale? Flint o Billy Bones avrebbero fatto così 
- Billy era un uomo da comportarsi in tal modo – disse Israel – “I morti non mordono”, diceva sempre

Ecco cosa devi instillarle: “i morti non mordono”, sono finiti, zero, nulla. 


Luca@

Anna ha sistemato nella cameretta la foto di lei piccolina col nonno ed i due libri che erano suoi: l’Isola del tesoro non è proprio il suo genere, ma ha incominciato a leggerlo, ripensando a quando il nonno glielo raccontava da piccola.

E poi il manuale de “I nodi che servono”: guarda il braccialetto intrecciato che le aveva fatto, e le sembra di sentirlo ancora quando iniziava a spiegare:

«Un nodo ben fatto è semplice, e forte assieme. Deve poter reggere a grandi sforzi, e poi sciogliersi facilmente. Un marinaio sa annodare una cima anche ad occhi chiusi, anche con le mani dietro la schiena».

«Una volta nonno! Ora non servono più: lo so da quando faccio windsurf: guarda la vela, nemmeno un nodo, solo strozzascotte».

E nascevano discussioni interminabili, tra il nonno che difendeva la vela e le imbarcazioni, ed Anna che raccontava la gioia di cavalcare il vento scivolando a pochi centimetri sul pelo dell’acqua.

«Assi da stiro con un lenzuolo attaccato!» Concludeva. Ma poi la accompagnava al circolo per la lezione, fiero di vederla migliorare.

Anna sorride pensando a quei momenti, lì, nel ricordo, il nonno è vivissimo. Ha cercato un pezzo di corda («non si imparano i nodi con uno spago! Prendi una cima consistente, devi vedere bene come dargli forma») ed ha cominciato a guardare il manuale. 


Codamozza@

Prof., i ricordi la consolano, ma io le suggerisco che è solo memoria, la realtà di oggi è che è sola, e basta.

Quando litiga con sua madre, mi è facile esasperarle, sino a quando non sbatte la porta e si chiude nella sua camera. A volte, la sera si chiede: “Come faccio a riannodare il rapporto con mamma?” E io le suggerisco: “impossibile!”

Ieri, tornata da scuola, ha discusso a lungo con sua madre per telefono: la cosa in sé era banale, una festicciola del venerdì sera, ma i toni si sono subito accesi: «Tu non mi capisci! Nessuno mi capisce!» Ha troncato la telefonata e spento il cellulare, poi è uscita, senza chiavi né telefono, tra le lacrime.

Che spettacolo quando la madre ha telefonato a tutti i parenti e non l’ha trovata, quando nessuno sapeva dov’era. L’allarme fra i genitori della classe, il correre a cercarla da una parte all’altra, un vero divertimento! 


Prof.tentazioni@

Codamozza, ti sei divertito?

Ma l’hai seguita quando è scappata di casa? Ti sei accorto di cosa succedeva in lei?

Ma tu non sai mai niente, hai da divertirti!

Vorrà dire che anch’io mi divertirò con te: conosci il “Cappio o nodo scorsoio”? Quando torni, ci giocheremo assieme. 


Luca@

Così Anna è scappata di casa. E nessuno la trovava, perché lì da sola non era mai andata.

Quando ha varcato il cancello del piccolo cimitero, il cuore le batteva forte. Ha chiesto indicazioni, e trovato, fra le sepolture nuove, la tomba del nonno. Guardando la sua foto, ha cominciato, un pensiero dopo l’altro, a sfogare la piena del cuore. Infilando le mani in tasca, ha trovato il pezzo di cordino ed ha cominciato a giocherellarci, mentre un po’ alla volta una pace nuova le scendeva nel cuore.

Poi, dopo aver fatto quello che sentiva importante, è rientrata.

Ma a casa non c’era nessuno: erano tutti a cercarla. Così è rimasta sul pianerottolo ad aspettare.

Lì l’ha ritrovata sua madre. E le lacrime, l’abbraccio erano più forti dei rimproveri, del chiedersi scusa. 


Prof.beatitudini@

Grazie Luca!

L’ho vista, la sera, quando ha ripreso in mano il libro del nonno. La colpivano le parole tra il feroce Hands e il giovane Jim:

- Tu credi che un morto sia morto sul serio o che possa tornare in vita? 
- Voi potete uccidere il corpo, signor Hands, ma non l’anima; questo dovreste già saperlo. 
E pensava: sì, questo lo so già.

Ci vorrà pazienza in questi giorni: per qualche tempo non sarà libera di andare come prima, si accorge che la accompagnano spesso nei suoi spostamenti, ma capisce che va bene così.

Oggi, sapendo che sua mamma andava al cimitero, le ha detto che voleva anche lei ritornare dal nonno.

Così sono andate insieme.

Sulla tomba, una gassa d’amante, annodata perfettamente.



____________________



I racconti di Codamozza e il professore sono stati pubblicati in due libri da Effatà Editrice, i personaggi sono stati creati graficamente da Leo Ortolani, che ha realizzato anche le copertine.



si possono acquistare presso Effatà Editrice, sulle principali librerie online (ad esempio: AmazonIbsFeltrinelli), richiedere in libreria.

Dall'introduzione al primo volume:

Nel 1942, C.S. Lewis, l’autore delle Cronache di Narnia, pubblica “Le lettere di Berlicche”, immaginaria corrispondenza tra due diavoli: l’esperto Berlicche e suo nipote Malacoda, apprendista tentatore. Pagina dopo pagina, lo zio guida il giovane nella sua missione, e nel farlo Lewis ci racconta l’animo umano, così come la singolare logica del demonio, e quella del suo Nemico.

Anche oggi si potrebbe raccontare una storia così? Ora che anche all’inferno usa la messaggistica online, qualche messaggio potrebbe arrivare sino a noi. Come quelli tra Codamozza, alunno del Liceo Minosse, ed il suo professore di tentazioni del biennio, o come quelli tra l’angelo Luca ed il suo insegnante di Beatitudini al Liceo Maddalena, scuola superiore per angeli custodi.

domenica 22 marzo 2020

Impianto cocleare


Codamozza@

Prof.,

perché mi ha assegnato quella mocciosetta? Mi sfugge sempre, non riuscirò ad ottenere nulla dai suoi sette anni.


Prof.tentazioni@

Codamozza,

giovane impaziente!

Come vi dicevo a lezione, lavorare su quei rospetti è materia difficile: il Nemico li segue in modo speciale. Ma qualcosa si può fare: più che grandi peccati, gettare un’ombra sulla loro vita.

Osserva l’ambiente in cui vive: la famiglia, purtroppo è unita, col padre impegnato sul lavoro, ma presente la sera, e la madre che si dedica a seguire la mocciosa e il fratello minore.

Interessante la situazione del fratellino: è sordo, o meglio lo sarebbe, se non fossero intervenuti con un impianto cocleare: i primi risultati li hanno riempiti di gioia, ma la cura richiede ancora grande impegno a tutti. E fatica: vedi di sfruttarla a nostro vantaggio!


Codamozza@

Prof.,

oggi la mocciosetta era tutta felice, perché finita scuola, sarebbe andata a tennis. Che faccia ha fatto quando ha visto arrivare la mamma senza la racchetta, e col fratellino per mano!

«Bisogna che andiamo subito a casa: sono sola con voi due, se ti accompagniamo a tennis, finisce che tuo fratello prende freddo. Domani abbiamo la visita di controllo per tarare i processori: l’ospedale è lontano, se non sta bene è un disastro».

Era dispiaciuta, naturalmente, ma è bastata una merenda con pane e cioccolato per farla ritornare contenta.

A casa, dopo aver mangiato, si è messa a giocare col fratellino: a lui piacciono gli albi da colorare dei supereroi, il suo preferito è Flash: «Guarda come corro! Sono velocissimo, sono Flash!».

Così le è venuta un’idea: perché giocare con le bambole, quando puoi vestire un fratellino vero? Gli ha chiesto: «Vuoi diventare Flash?» e lui ha cominciato a correre con la fantasia.

Gli ha fatto indossare il suo pigiama rosso, ha ritagliato il simbolo col fulmine e glielo ha attaccato sul petto.

Restavano le alette di cartone da mettere in testa: «Dove le metto? Non riesco ad attaccarle ai capelli. Forse ai processori dietro le orecchie? Ma lì non si vedono bene!» Poi ha guardato le antenne, quei due dischetti piatti collegati con un piccolo filo ai processori: posizionate ai lati del capo, le sembravano proprio al posto giusto: «Stai fermo un momento, che incollo le alette, poi sei davvero Flash».

Si sono presentati fierissimi dalla mamma, che appena ha realizzato, ha cominciato a gridare: «Cos’hai fatto a tuo fratello!»

Sgridate, lacrime: la serata è incominciata bene!


Luca@

Andrea si stringeva a Emma, non capiva perché la mamma si era arrabbiata. E non riusciva nemmeno a sentire la sorella, perché i processori li aveva presi papà, rientrato da poco dal lavoro, per ripulirli dalla colla.

Emma, mentre lo abbraccia, ripensa alla storia della voce che gli ha raccontato papà. Per Andrea, le parole non passano attraverso l’orecchio esterno. Entrano invece nei processori sistemati dietro le orecchie, che le trasformano in segnali elettrici. Corrono attraverso i piccoli fili sino alle due antenne tonde che ogni mattina gli appoggiano sulla testa. Le antenne stanno al posto giusto perché sotto la pelle hanno messo due magneti: non li vedi, ma se li cerchi piano con le dita sono lì.

Poi quei segnali, attraverso le antenne, arrivano ai cavi di elettrodi che, quando l’hanno operato, hanno inserito nella coclea dell’orecchio. Gli elettrodi li trasmettono al nervo acustico e il cervello di Andrea, dopo tanto lavoro di logopedia, riesce a identificare i suoni. Così lui sente, e impara a parlare.

Emma non ha capito bene, soprattutto come hanno fatto ad entrare nelle orecchie del fratellino: a volte pensa a quelle sottili cicatrici come a due cernierine, per chiudere l’astuccio dei tesori.

Però una cosa l’ha capita, che Andrea adesso sente. E, anche se deve tornare all’ospedale tante volte «Per tarare i processori», come le ha spiegato papà, è bello poter parlare con lui.

Prima di spegnere la luce, con papà e mamma si sono chiesti scusa e hanno fatto pace. Mamma ha detto che domani partiranno presto con Andrea e papà: ci sarà la nonna a svegliarla, e poi a prenderla all’uscita di scuola.

Una preghiera, il bacio della buonanotte, l’ultimo bicchiere d’acqua, un abbraccio, un ultimo peluche da portare a letto. Sono andati a dormire.


Prof.beatitudini@

Grazie Luca!

La salute di Andrea è stata da subito una sfida per tutta la famiglia, da quando hanno scoperto che non sentiva, alla decisione per l’operazione. E poi le visite periodiche in ospedale, la logopedia… Hanno cercato di salvaguardare Emma, che comunque si è coinvolta da subito col fratellino. Qualche volta le pesa, o le viene un po’ di paura. Però sente di essere amata, e questo la sostiene.


Prof.tentazioni@

Codamozza,

oggi, mentre il fratellino sarà in ospedale, la mocciosa andrà a catechismo.

Ho dato uno sguardo al programma: parleranno della creazione. Il Nemico che dà vita a tutte le cose, che le sostiene nel loro esistere: quando riusciremo a liberarci da questo disgustoso legame con lui?

L’argomento è scabroso: in questi piccoli è ancora vivo lo stupore dell’esserci, la novità dell’esistere. Spesso, alla domanda: «Per cosa vuoi dire grazie?» rispondono: «Per la vita».

E poi si guardano intorno, contemplano un universo che sentono essergli dato in dono. Ne percepiscono la bellezza, l’unità, la complessità. E chiedono: «Chi l’ha fatto?».

Quando gli presentano il Nemico come creatore, capiscono perfettamente.

Per insidiarli, occorre aspettare a lungo, e conoscere il loro modo di pensare. Quando sono dei mocciosi, a loro interessano le domande fondamentali, più che i passaggi intermedi: facilmente immaginano una creazione immediata e diretta di tutte le cose, quasi magica. Aspetta che studino ancora un po’, che approfondiscano la complessità dell’origine dell’universo e della vita: allora, insieme a qualche ingenuità da bambino, potrai fargli rifiutare tante verità che aveva compreso.

Per altri sarà più difficile: più entreranno in profondità nella ricchezza del reale, più gioiranno dell’opera del Nemico. Ma di questo ci occuperemo a suo tempo.


Codamozza@

Prof.,

l’incontro non è partito bene: sorrisi, matite colorate, voglia di imparare. La catechista ha preparato un mappamondo colorato, circondato da un cielo stellato: «Chi ha fatto il mondo?».

L’annuncio del Nemico-creatore, li ha riempiti di gioia:

«Ha fatto la terra!»

«E le stelle!»

«Certe stelle sono venti volte più grandi del sole» spiegava puffo scienziato.

«Le vediamo piccole, perché sono lontane» è intervenuta la catechista.

Il puffo secchione, allora: «Ha fatto anche Marte!»

Un’altra piccoletta, piena di meraviglia per il mondo che le si dispiegava davanti: «Ha creato gli occhi!»

Allora un pensiero ha trafitto la nostra mocciosa. Si è fatta seria, pallida, mentre diceva:

«Le orecchie di mio fratello non sentivano niente. L’hanno operato: ha l’impianto cocleare».

E un’ombra scura si è allungata su di lei.



Prof.tentazioni@

Bene Codamozza, quello era il tuo obiettivo.

Ma le tue azioni sono sempre insufficienti, i rapporti incompleti.

Perché non mi hai scritto quello che è successo dopo?

Dovrei punirti per questo, ma riconosco che il compito era difficile, allora non lo farò. Anzi, come quei mocciosi, giocheremo insieme: ho scoperto che oltre ai supereroi, esistono tanti supercattivi.

Conosci Galactus, il divoratore di mondi? Torna presto, che ho un certo appetito.



Luca@

In quel momento Emma quasi tratteneva il respiro.

La sua catechista ha guardato il crocifisso sul muro: “Tu hai preso su di te tutti i dolori. Emma è piccola, un peso troppo grande potrebbe travolgerla, come posso risponderle?”.

Ha chiuso un attimo gli occhi, poi, guardandola, ha incominciato: «Vedi Emma, le cose belle sono anche fragili. Anche gli uomini si possono ammalare, ferire, avere delle difficoltà da affrontare già da quando sono piccoli.

Però abbiamo l’intelligenza, per capire, curare: io non vedo bene, ma qualcuno ha inventato gli occhiali, e così per me va meglio. Tuo fratello non sentirebbe, ma c’è l’impianto cocleare, e potete parlarvi.

E poi siamo capaci di amare: se ami puoi essere l’occhio per chi non vede, il sostegno per chi non cammina, la voce per chi non ha voce».

Emma l’ha guardata, ci ha pensato su un momento, e poi le ha sorriso, come a dire: «Allora ce la posso fare».

Poi l’ora è andata avanti: c’era da incollare il disegno sul quaderno, colorare e poi prepararsi, che si va a casa.

Mentre l’aiutava a chiudere la cerniera del giubbotto, la sua catechista le ha chiesto com’era andato l’incontro.

Ed Emma: «Mi veniva da piangere, ma non ho pianto. Sono contenta».



Quando è rientrata a casa, assieme alla nonna, ha trovato la mamma e il fratellino che la aspettavano.

L’ha abbracciato fortissimo (“l’amore”, pensava), poi ha subito chiesto alla mamma: «Funzionano bene i processori di Andrea? (“l’intelligenza”) E quando l’ha rassicurata, sono andati a giocare assieme.

Andrea era felice: «Guarda cosa mi ha comprato la mamma!» e le ha mostrato un nuovo albo dei supereroi da colorare, questa volta di Hulk, il gigante verde: «Non mi piace più Flash. Ora voglio essere Hulk! È grande, è forte, Hulk spacca!»

E mentre cercava di levarsi la maglietta, per restare a torso nudo come il suo eroe, subito a Emma è venuta un’idea: «Mamma? Dove sono i colori a dita?

Mi serve il verde».


____________________


I racconti di Codamozza e il professore sono stati pubblicati in due libri da Effatà Editrice, i personaggi sono stati creati graficamente da Leo Ortolani, che ha realizzato anche le copertine.



si possono acquistare presso Effatà Editrice, sulle principali librerie online (ad esempio: Amazon, Ibs, Feltrinelli), richiedere in libreria.

Dall'introduzione al primo volume:

Nel 1942, C.S. Lewis, l’autore delle Cronache di Narnia, pubblica “Le lettere di Berlicche”, immaginaria corrispondenza tra due diavoli: l’esperto Berlicche e suo nipote Malacoda, apprendista tentatore. Pagina dopo pagina, lo zio guida il giovane nella sua missione, e nel farlo Lewis ci racconta l’animo umano, così come la singolare logica del demonio, e quella del suo Nemico.

Anche oggi si potrebbe raccontare una storia così? Ora che anche all’inferno usa la messaggistica online, qualche messaggio potrebbe arrivare sino a noi. Come quelli tra Codamozza, alunno del Liceo Minosse, ed il suo professore di tentazioni del biennio, o come quelli tra l’angelo Luca ed il suo insegnante di Beatitudini al Liceo Maddalena, scuola superiore per angeli custodi.






giovedì 23 maggio 2019

Codamozza lab: sette schede tra vizi e virtù

Sette vizi capitali, sette virtù per combatterli.

Con Codamozza nascono dialoghi, a volte si lavora: c'è chi lo utilizza per cammini di formazione e campi estivi.

Un strumento da affiancare ai vizi capitali raccontati da Codamozza 2, sono le schede sulle virtù preparate dal Centro Ragazzi per l'Unità del Movimento dei Focolari (vedi qui, la sezione PDV No ai vizi sì alle virtù), ora pubblicate online in forma completa.

Così, partendo da Codamozza e il professore 2:

con il cap. 1, Invidia, si può usare la scheda sulla Benevolenza
con il cap. 2, Lussuria, la scheda sulla Purezza
con il cap. 3, Avarizia, la scheda sulla Generosità
con il cap. 4, Superbia, la scheda sull'Umiltà
con il cap. 5, Accidia, la scheda sulla Laboriosità
con il cap. 6, Gola, la scheda sulla Sobrietà
con il cap. 7, Ira, la scheda sulla Pazienza

Grazie a chi vorrà continuare a condividere le sue esperienze!

mercoledì 9 maggio 2018

Codamozza lab 2: un campo estivo sui sette vizi capitali

Hai mai giocato a Abbatti il demone? Hai mai assaggiato il pollo alla Codamozza?

Ecco un intero campo estivo ambientato nel mondo di Codamozza, sette giorni di giochi e attività con i sette vizi capitali e le virtù opposte.
Un lavoro sviluppato dall'ACR -Azione Cattolica Ragazzi- della parrocchia San Giacomo Maggiore di Pontedecimo.

Scrivono: abbiamo "recitato" i racconti del libro o meglio ci abbiamo provato. I ragazzi sono stati molto partecipi sia durante le scenette sia durante le attività formative (ogni giorno il tema era un peccato).
Abbiamo poi basato tutti i giochi le attività e i vari servizi svolti sul libro di Codamozza e Il professore, chiamando le squadre con i nomi dei personaggi (i due buoni li abbiamo inventati), oppure chiamando i giochi con nomi di "tentazioni" o nomi legati a aspetti buoni della Chiesa, chiamando i nomi delle stanze o del refettorio con nomi legati a Inferno o Paradiso.

Nei due fascicoli, lo schema della settimana con giochi e ambientazioni a tema ed una serie di spunti di riflessione e attività per ciascun vizio capitale


Il libretto con lo schema della settimana si può scaricare qui: https://goo.gl/nRswjP
Il libretto con gli spunti di riflessione si può scaricare da qui: https://goo.gl/7KVGfr